Le storie che racconti e che raccontando hai preservato da un oblio sicuro sono un antidoto …
Caro Floriano,
innanzitutto come stai? Spero tutto bene per quanto possibile in questo momento.
Ieri sera, dopo una giornata faticosa per l’atmosfera del paese e le notizie che sentiamo ogni giorno, ho deciso di andare a letto subito dopo cena in compagnia di un buon libro. Non vado mai a letto così presto. Comunque ho preso il tuo libro e iniziato a leggere. A mezzanotte ero ancora lì a leggere completamente isolato dal mondo. Mi sono letto tutto, anche la pronuncia del dialetto di Scagliarini (che ho trovato spiegata in modo molto chiaro e diretto) e la bellissima introduzione di Pierangelo (con la giusta menzione di “Era come a mietere”). Le storie che racconti e che raccontando hai preservato da un oblio sicuro sono un antidoto, particolarmente in questi giorni in cui ci sembra di fare tanti sacrifici. Oriella che va a Pontelagoscuro in bici perché ha saputo che è stato bombardato lo zuccherificio, la tazza e il cucchiaino di Martino Forni lasciati in stazione, insieme a tanti altri dettagli che hai saputo tessere insieme, rendono la lettura un’esperienza quasi visuale per non dire tridimensionale. L’idea di ricostruire le storie dai documenti, come hai fatto per Ilario, citandoli poi in nota, è narrativamente molto efficace, quasi con impazienza il lettore aspetta di incontrare qualche nota a piè di pagina. La tristezza di alcune storie è stemperata dalla prospettiva degli anni e alla fine ne sono stato rinfrancato. Ti ringrazio quindi per questo tuo ennesimo lavoro, straordinario per idea e realizzazione e che immagino sia il frutto di un lavoro di “ascolto” durato molti anni.
Cari saluti e, spero, a presto,
Gian Pietro Basello