Romanzo – Le mollette nei pantaloni
Secondo Romanzo di Floriano Govoni
LE MOLLETTE NEI PANTALONI
a seguito del primo “Da una a 60 candele“
Il romanzo affronta vari aspetti: il passaggio da una realtà contadina a quella paesana, la nostalgia per il passato, la necessità di conservare e tramandare le tradizioni, l’apprezzamento per le comodità e per le nuove tecnologie che semplificano la vita quotidiana”. I dialoghi tra i componenti della famiglia sono riportati in dialetto bolognese.
Tratto dal romanzo:
“…Avevano appena finito la lavorazione della canapa quando Giuseppe, per l’ennesima volta, brontolò dicendo che alla sua età non aveva mai visto il mare. Era una soddisfazione che si voleva togliere prima di morire…
Lui e la Dele partirono una mattina presto e dopo il lungo viaggio arrivarono a Riccione… Quando giunsero sulla spiaggia fu uno shock per ambedue: l’immensità di quella distesa d’acqua che non aveva fine, suscitava una sensazione di impotenza ma anche di grandezza, di incommensurabilità. Non era vero, come gli avevano detto, che il mare era come il macero dove affondavano la canapa, ma più grande: molto più grande. Giuseppe non aveva quell’impressione. Erano proprio due cose diverse; il mare era unico, imponente, fantastico, mentre il macero era una pozza d’acqua che richiamava la fatica e la difficoltà di vivere.
L’acqua si muoveva con calma e arrivava alla spiaggia rilassata; accarezzava la sabbia trapuntata di piccole conchiglie e poi si ritirava confondendosi con l’immensità; l’insieme dava un senso di pace e di tranquillità. “Mitĕggna i pî a mói? (1)” disse Giuseppe togliendosi scarpe e calze e arrotolando i pantaloni a mèża ganba(2). “Sa fèt!”(3 ) chiese l’Adele mentre Giuseppe repentino era già sceso in acqua. “Vínn a sénter cum l’é caldénna; dâi a n t vĕdd inción”(4 ) gridò Giuseppe.
L’Adele si guardò intorno, si tolse scarpe e calze, si sollevò la sottana fino alla decenza ed entrò in acqua. Una sensazione bellissima la pervase, l’acqua le accarezzava le gambe liberandola dalla stanchezza di una vita. Rimasero ambedue in piedi, uno di fianco all’altra, rivolti verso il mare che si confondeva con il cielo, fermi, assaporando sensazioni mai provate…”
Tratto dal romanzo:
“…Avevano appena finito la lavorazione della canapa quando Giuseppe, per l’ennesima volta, brontolò dicendo che alla sua età non aveva mai visto il mare. Era una soddisfazione che si voleva togliere prima di morire…
Lui e la Dele partirono una mattina presto e dopo il lungo viaggio arrivarono a Riccione… Quando giunsero sulla spiaggia fu uno shock per ambedue: l’immensità di quella distesa d’acqua che non aveva fine, suscitava una sensazione di impotenza ma anche di grandezza, di incommensurabilità. Non era vero, come gli avevano detto, che il mare era come il macero dove affondavano la canapa, ma più grande: molto più grande. Giuseppe non aveva quell’impressione. Erano proprio due cose diverse; il mare era unico, imponente, fantastico, mentre il macero era una pozza d’acqua che richiamava la fatica e la difficoltà di vivere.
L’acqua si muoveva con calma e arrivava alla spiaggia rilassata; accarezzava la sabbia trapuntata di piccole conchiglie e poi si ritirava confondendosi con l’immensità; l’insieme dava un senso di pace e di tranquillità. “Mitĕggna i pî a mói? (1)” disse Giuseppe togliendosi scarpe e calze e arrotolando i pantaloni a mèża ganba(2). “Sa fèt!”(3 ) chiese l’Adele mentre Giuseppe repentino era già sceso in acqua. “Vínn a sénter cum l’é caldénna; dâi a n t vĕdd inción”(4 ) gridò Giuseppe.
L’Adele si guardò intorno, si tolse scarpe e calze, si sollevò la sottana fino alla decenza ed entrò in acqua. Una sensazione bellissima la pervase, l’acqua le accarezzava le gambe liberandola dalla stanchezza di una vita. Rimasero ambedue in piedi, uno di fianco all’altra, rivolti verso il mare che si confondeva con il cielo, fermi, assaporando sensazioni mai provate…”
Note di traduzione dal dialetto
1 – Mettiamo i piedi a bagno?
2 – Mezza gamba
3 – Cosa fai
4 – Vieni a sentire com’è caldina, dai che non ti vede nessuno